Roma, 17 novembre 2020 – Spetta alle impese farsi ascoltare e promuovere conoscenza sugli aspetti peculiari della propria attività, nei confronti di quanti non necessariamente ne sono a parte, tra decisori politici ed opinione pubblica. Spetta alle imprese trovare soluzioni e sviluppare tecnologie più efficienti, sostenibili e capaci di generare valore condiviso per gli azionisti e i territori. La filiera produttiva delle acque minerali – rappresentata in Italia da Mineracqua – abbraccia questo approccio e onora l’impegno cui è chiamata.
Tuttavia, operiamo in un settore attraversato da forti tensioni ideologiche, da un pregiudizio che stigmatizza il materiale con cui realizziamo i nostri imballaggi, assimilando il PET – polimero riciclabile al 100% e massimamente sicuro sotto il profilo della sicurezza alimentare – alla plastica tout court. Senza riconoscerne le peculiarità né l’innovazione nella progettazione degli imballaggi. Il PET di cui sono fatti gli imballaggi per l’acqua minerale nasce proprio per consentire ad una risorsa pura all’origine di passare dalla sorgente alle case degli italiani nelle stesse condizioni e con le stesse caratteristiche originarie offrendo, in più, praticità, maneggevolezza e sicurezza.
Anche all’interno delle strutture sanitarie, in questo momento drammatico, le bottiglie in PET stanno dimostrando la propria insostituibile utilità. Crediamo che chi continua ad utilizzare la sostenibilità come un grimaldello ideologico contro il nostro settore finisca in realtà per l’appiattire il dibattito sul tema: forse sarebbe più utile riflettere sul senso civico di chi abbandona gli imballaggi invece di conferirli correttamente. Sarebbe forse più interessante confrontarsi su quanto i diversi materiali siano davvero energivori: il vetro, ad esempio, è più pesante del PET e viaggia prima pieno e poi vuoto emettendo molta CO2. Al contrario, un autotreno di preforme di PET contribuisce ad eliminare dalle strade 35 autotreni pieni di bottiglie di vetro. Giunte in stabilimento, le preforme di PET vengono scaldate, soffiate, stampate, prelavate, riempite, tappate, etichettate e, messe su un pallet, portate in magazzino per essere spedite.
Tutto in linea. La soluzione, allora, non è bandire una crociata contro il PET e le acque minerali. È come se oggi per risolvere il problema della dispersione nell’ambiente di mascherine e guanti di plastica, si proponesse di abolirli, rinunciando a questi importanti presidi sanitari. Il problema è l’educazione civica, che una volta studiavamo a scuola, è il senso civico, che manca sempre più. Certo, è fondamentale anche l’impegno delle imprese nel limitare l’uso della plastica: negli ultimi 10 anni, gli imballaggi in PET hanno subito un ridimensionamento del 30/40%, perché l’industria delle acque minerali ha sviluppato tecnologie in grado di ridurre il peso delle bottiglie, a parità di sicurezza.
Per il comparto, il tema della strumentalizzazione del dibattito sulla sostenibilità è strettamente legato alle prospettive legate alla legge di Bilancio, che intende tassare tutta la plastica indiscriminatamente, senza tener conto che da una bottiglia di PET post consumo se ne fa un’altra e un’altra ancora, all’infinito. Gli inglesi chiamano questo concetto “bottle to bottle”: è l’esempio perfetto di quello che a casa nostra chiamiamo “economia circolare”. Insomma, le plastiche non sono tutte uguali. Come i metalli non sono tutti uguali: c’è l’oro, l’argento, il bronzo, il ferro, il rame… Auspichiamo che questa semplice consapevolezza possa diventare elemento condiviso di riflessione, affinché il comparto delle acque minerali possa continuare a offrire il proprio contributo sul piano economico, ambientale e sociale, portando nelle famiglie italiane una risorsa naturale che il mondo ci invidia.
Ettore Fortuna, Vice Presidente Mineracqua